Sono ancora numerose le organizzazioni e le istituzioni dove è possibile trovare comportamenti che, soprattutto in momenti di elevata incertezza quali quelli attuali, si dimostrano inadeguati a conseguire gli obiettivi organizzativi.
In queste realtà, la: competitività tra colleghi e la poca collaborazione rappresentano la normalità; le scadenze e ritmi di lavoro sono pressanti; il rapporto con i superiori caratterizzato da una comunicazione inefficace, la rigidità di ruoli e gerarchie ostacola integrazione e sinergie e le occasioni di lavoro in team sono destrutturate e poco efficaci.
La ricerca cosa ci dice?
Significativo a questo riguardo, il dato dell’indagine condotta recentemente dalla Fondazione
Consulenti del Lavoro che evidenzia come il 55% dei lavoratori italiani desidera una nuova
occupazione perché insoddisfatto di quella attuale.
E’ necessario e possibile, come ampiamente dimostrato dalle “Storie di eccellenza” di molte
aziende, intervenire per ri-scoprire il valore di un lavoro, non più condanna o mero mezzo di
sostentamento, ma piuttosto opportunità di sviluppo, per creare ambienti di lavoro dove le persone
possano sentirsi apprezzate e valorizzate, dove possano impegnare le loro esperienze e competenze per affrontare insieme le sfide che li attendono.
Un cambiamento importante che trasforma le “Organizzazioni Tradizionali” in “Organizzazioni positive”.
La studiosa L. Piangerelli propone, a questo proposito, una definizione adatta a comprendere
le caratteristiche di queste realtà: “L’Organizzazione Positiva è tale anche perché possiamo portare in essa noi stessi interi, con la nostra infelicità quando c’è, nella sicurezza che non dovremmo infilarci la veste finta del lavoratore automatizzato, spogliando di valore l’essere umano, ma certi che troveremo spalle, comprensione e accoglienza.”
Si tratta di realtà possibili in cui le persone possono, compatibilmente con le variabili in gioco,
vivere “Felici”.
Recenti studi condotti negli U.S.A., dove la ricerca della felicità è una garanzia costituzionale,
hanno sottolineato come la felicità non sia solo un’emozione ma soprattutto una competenza, che
quindi possiamo allenare con importanti ricadute anche sul versante del conseguimento dei risultati
lavorativi.
Da organizzazioni “tradizionali” ad organizzazioni “positive”
Da qui la creazione di un ruolo dedicato, il Manager della Felicità – (C.H.O.) chiamato a
realizzare le azioni necessarie a trasformare le organizzazioni da “Tradizionali” in “Positive.
In tempi più recenti, in conseguenza degli importanti risultati ottenuti dal Manager della
Felicità, (Chief of Happines Officer) anche molte aziende europee, in primis la Danimarca, hanno
introdotto questa figura.
In collaborazione con l’ Happiness Research Institute di Copenhagen, una società di ricerca impegnata nello studio della qualità della vita lavorativa, è stato realizzato una sorta di “bilancio
sociale della felicità” con azioni e misurazioni puntuali sul benessere e sui ritorni che genera.
Tra questi, è stato rilevato l’ incremento del 300% nella capacità di innovazione, + 44% dell’
impatto sulla retention della clientela acquisita, + 31% sull’ aumento della produttività.
Dati importanti, che hanno suggerito anche alle aziende italiane di avvalersi di questo ruolo che
si sta affermando, e che rappresenta una delle nuove professioni del Mercato del Lavoro.
Riconosciuto l’indubbio valore ed il significato strategico del ruolo del Manager della Felicità (C.H.O.) ci si è interrogati su chi può ricoprirlo con maggiore efficacia, quali siano le competenze e le qualità richieste, quali le modalità e gli strumenti più utili per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Il Chief Happiness Officer in azione, chi sono?
Le esperienze fin qui realizzate dai Manager della felicità evidenziano l’impossibilità di definire a priori le azioni ed i comportamenti che possono dimostrarsi più efficaci, dal momento che ogni organizzazione è una realtà unica ed irripetibile che chiede interventi unici.
E’ comunque possibile individuare alcuni elementi ricorrenti in tutte le storie italiane, che hanno
per protagonista il Manager della Felicità: i suoi interventi si rivolgono, in modo prevalente, alle
Risorse Umane; il suo intervento è quello di un “agente di cambiamento organizzativo”
(Change Manager) che è chiamato a trasformare un ”Organizzazione Tradizionale “in “Organizzazione Positiva”.
Per quanto riguarda la provenienza lavorativa di chi oggi ricopre questo ruolo, in diverse organizzazioni si è scelto di assegnarlo al Direttore del Personale che ha così trasformato le attività di competenza più consolidate per arricchirle con l’impegno a favorire un nuovo clima di lavoro, a sviluppare la partecipazione attiva di tutti gli attori organizzativi nei confronti delle scelte
aziendali, ad incrementare la motivazione professionale, a richiedere nuovi stili di guida e di
gestione a tutti i capi della sua organizzazione.
In altri casi, il ruolo del Manager della Felicità è stato assunto, soprattutto nelle aziende di
contenute dimensioni, dallo stesso imprenditore, consapevole dell’importanza strategica di questo
ruolo.
Importante e necessario anche il contributo fornito da consulenti esperti, (in prevalenza Psicologi
del Lavoro, Formatori, Coach, Sociologi e Manager in Gestione Aziendale) che, valorizzando le loro esperienze e conoscenze delle organizzazioni, valorizzano la loro posizione di esterni rispetto all’organizzazione in cui intervengono. L’essere in possesso di una certificazione rilasciata da uno dei maggiori esperti in collaborazione con l’ente formativo, costituisce titolo preferenziale.
Competenze per favorire il benessere organizzativo
Per quanto riguarda le modalità e gli strumenti d’intervento di cui può avvalersi un Manager della Felicità (C.H.O.), è necessario considerare che le peculiarità di ogni organizzazione impediscono di definire una metodologia (un “best way) sempre e comunque valido.
A questo ruolo, il compito e la responsabilità di progettare e di intervenire, nei tempi e nelle forme più adatte, sugli elementi legati alla sfera emozionale e psicologica dei lavoratori, creando situazioni di benessere e di pieno coinvolgimento con l’organizzazione di appartenenza, di permettere ai destinatari di sperimentare ed acquisire gli elementi portanti della Scienza della Felicità.
Compiti impegnativi che richiedono al Manager della Felicità, di avere buone capacità di empatia, di ascolto attivo, di creatività e flessibilità oltre a spiccate capacità di saper mediare tra i
bisogni organizzativi e quelli dei lavoratori, di saper ri-conoscere i bisogni reali dei lavoratori ed adoperarsi affinché questi possano trovare piena soddisfazione.
Come acquisire le competenze richieste ormai da centinaia di aziende Europee?
E’ necessario che il Manager della Felicità abbia acquisito un’approfondita conoscenza dell’organizzazione in cui opera, nella veste di interno o quella di consulente, sappia prevedere il periodo di tempo adatto per la durata del suo intervento, sia capace di proporre gli strumenti più idonei per il suo ruolo, in coerenza con le caratteristiche del contesto in cui opera.
Gli importanti risultati conseguiti da quanti, ricoprono il ruolo di Manager della Felicità oltre a
testimoniare la validità di questo ruolo, lo indicano come una delle professioni, che nell’immediato futuro, potranno trovare sempre maggiore attenzione.
Per questo, il nostro ente di Alta Formazione, ha ingaggiato il Dott. Giuseppe Abate, che non è semplicemente un esperto in Psicologia delle Organizzazioni, ma anche un docente e formatore con più di trentacinque anni di esperienza nell’area delle soft-skills e dello sviluppo commerciale, ha sviluppato esperienza professionali per aziende private come Elea Olivetti e per enti pubblici su tutto il territorio Nazionale, acquisendo una consapevolezza del contesto Italiano unica nel suo genere. A lui, che è già stato docente in Psicologia del lavoro presso importanti Università Italiane come Roma e Firenze, abbiamo chiesto di condensare in un corso le competenze necessarie per sviluppare una strategia di management della felicità coerente ed efficace. Lui ne ha creati ben due, il primo prevede una conoscenza base delle metodologie e tecniche usate dal Chief Happiness Officer nei vari contesti aziendali, il secondo corso, invece, vuole essere il completamento di questa figura, arrivando ad un livello avanzato, entrando nella vera essenza del Manager, attraverso non solo l’approfondimento dei modelli rappresentati ma soprattutto tramite la discussione di due Casi Studio inediti, che vede il Manager della Felicità, il Dott. Giuseppe Abate, operarsi in contesti organizzativi quali una struttura sanitaria pubblica e un ente bancario privato.
Come si accede ai corsi?
Sulla piattaforma di master-formazione.it potrai seguire uno o entrambi i corsi in modalità asincrona, le lezioni sono disponibili h24 e 7 giorni su 7, pertanto, potrai formarti in qualsiasi momento della giornata, anche da smartphone. Il nostro progetto formativo viene incontro alle esigenze di professioni impegnati nel loro lavoro, e con poco tempo da dedicare ad altro. Ma MASTER- Centro di Alta Formazione, crede in percorsi formativi accessibili a tutti, contenuti nei costi, creativi e di alta qualità.
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